Cosa sono e come funzionano le nuove dipendenze?

Il concetto di dipendenze negli anni è cambiato: siamo sempre stati abituati a considerare come dipendenza l’uso (o meglio ancora, l’abuso) di sostanze, che siano alcol, tabacco o droghe e ci troviamo invece ora di fronte ad una serie di dinamiche legate al comportamento. Gioco d’azzardo, videogames, internet e lo smartphone, ma anche lavoro, studio, sesso, relazioni affettive e shopping possono essere, ora più che mai, dipendenze patologiche.

Vengono chiamate nuove dipendenze (new addiction) proprio per il loro legame con il nostro periodo storico, da alcuni anche definite come le malattie della postmodernità. Sono spesso legate direttamente con le nuove tecnologie ma non per forza, tendono a colpire molti giovanissimi, ma non in maniera esclusiva. Si iscrivono principalmente a due mondi relazionali, quello di internet e le sue connessioni intangibili, vicine ma lontane, e quello della forte dipendenza fisica e affettiva verso l’altro, come forme di risposta quasi opposte ad un problema dalle radici simili.

Quali sono le differenze principali tra tipologie di dipendenza?

La prima grossa differenza tra le varie dipendenze, vecchie e nuove, è la mancanza stessa di una sostanza a trainare il comportamento. Siamo abituati a pensare alle tossicodipendenze come ad un intreccio di dinamiche fisiche, dovute alla composizione chimica della sostanza, e dinamiche psicologiche. Nelle nuove dipendenze, ci troviamo a fronteggiare problematiche completamente comportamentali: abitudini condivise, spesso anche soggette a rinforzi positivi, diventano via via più problematiche, fino al patologico.

L’altra differenza principale è l’accettazione sociale del comportamento: mentre il proprio gruppo sociale tende, generalmente, a dissociarsi da comportamenti come l’abuso di droghe, non ha lo stesso giudizio e la stessa attenzione per azioni che fanno parte del vivere comune. Dinamiche come l’utilizzo di internet, dello smartphone, i videogiochi, fanno parte della vita di tutti i giorni di molti. Non solo sono situazioni accettate, sono spesso anche promosse: l’attitudine al lavoro viene vista spesso come una virtù, senza considerare i possibili risvolti negativi.

Come si riconoscono le nuove dipendenze?

Il quadro fenomenologico è lo stesso delle dipendenze classiche e questo ci consente di non dover cambiare il nostro metodo di osservazione, anche se ci troviamo a non avere più il campanello d’allarme tangibile nella sostanza specifica.

  • Comportamenti di dominanza: quanto un ambito della vita di una persona tende a prendere il sopravvento sulle altre attività, sia da un punto di vista temporale che di importanza gerarchica?
  • Alterazione dell’umore
  • Tolleranza ed astinenza: un comportamento, diventa sempre più presente nella vita di una persona per superare la soglia di tolleranza che si alza strada facendo? Se privato di una situazione, si presentano i sintomi classici dell’astinenza, dal nervosismo alle manifestazioni fisiche?
  • Perdita di controllo sulla propria esistenza

Quali sono gli obiettivi sensibili?

Intervistati a riguardo, 88 giovani su 100, di età compresa fra i 13 ed i 15 anni, hanno identificato le nuove tecnologie come scatenanti delle problematiche tra i loro coetanei. Fenomeni come l’hikikomori, ovvero il ritirarsi dalla vita sociale nella propria stanza per studiare o giocare ai videogames, sembrano tracciare l’identikit di un soggetto giovanissimo, ma sarebbe un errore circoscrivere una problematica ad una generazione; a secondo dell’ambito entriamo in contatto con età diverse.

Gli obiettivi più sensibili sono gli stessi che identifichiamo come tali nel consumo di droga o nelle problematiche legate all’alcolismo, ovvero persone con generalmente una bassa autostima e scarsa gestione delle emozioni. In questo caso, però, c’è una tendenza molto più forte ad attecchire su gruppi di persone più eterogenei, proprio in virtù della maggiore accettazione sociale dei comportamenti stessi.

Quali sono le soluzioni?

L’intervento psicologico mirato sull’individuo è una risposta forse scontata, ma troppo spesso non considerata. Oltre all’aiuto di esperti di settore sul singolo, in particolare di un tecnico della riabilitazione psichiatrica, abbiamo la necessità di prevenire ed educare in modo ampio.

Rendere partecipi, educare all’esistenza di questo tipo di dipendenze, insegnare l’empatia, sono le chiavi per un intervento di successo. Le scuole sono ovviamente il primo luogo, ma senza sottovalutare interventi in ambienti lavorativi. Troppo spesso, considerando il lavoro come il luogo per adulti già formati, prendiamo sottogamba i rischi delle dipendenze per tutte le età ed abbandoniamo le persone al loro destino.