Sindrome del colon irritabile: cos’è e come si cura

Può essere definita come una sindrome tipica della società moderna e della vita frenetica o dello stress: parliamo della Sindrome dell’intestino irritabile, nota anche come colon irritabile o colite spastica. Fastidiosa e dal decorso piuttosto lungo, a detta di chi ne soffre, in realtà alterna periodi di recrudescenza ad altri di totale scomparsa dei sintomi. Vediamo in cosa consiste e come si cura, anche riguardo all’alimentazione insieme al nutrizionista e dietologo a Udine Mauro Meloni.

In cosa consiste il colon irritabile o sindrome dell’intestino irritabile

Questa sindrome (non possiamo infatti parlare di vera e propria patologia) si delinea quando il soggetto presenta gonfiore all’addome accompagnato da dolore, meteorismo, e alternanza di stipsi con diarrea. A volte si può anche presentare una prevalenza della prima o della seconda condizione. Accanto a questi sintomi possono esserci anche un reflusso gastroesofageo, una debolezza generalizzata, mal di testa e insonnia. Talvolta invece può esserci una sintomatologia associata ad altre patologie: pensiamo al morbo di Crohn, una colite ulcerosa o una possibile celiachia. Una volta eseguite tutte le indagini del caso per escludere patologie serie e importanti, allora si potrà giungere alla diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile.

I soggetti più predisposti: giovani, donne e ansiosi

Sembra che maggiormente soggetti a questa sindrome siano i giovani (età fino ai 50 anni), le donne, o le persone molto ansiose, depresse, e in generale chi è sotto stress o presenta un abbassamento della qualità della vita. Il colon irritabile è diffuso anche tra chi ha portato avanti una terapia antibiotica pesante, chi ha già patologie intestinali pregresse, donne con un’endometriosi o soggetti obesi. Si trova altresì in chi fa poca attività fisica, non ha un’attività lavorativa stabile o soddisfacente, è nato prematuro o è stato allattato per meno di 6 mesi al seno materno.

Come viene diagnosticato un colon irritabile

Per far sì che si tratti di Sindrome dell’intestino irritabile, e una volta escluse altre patologie più serie (attraverso indagini del sangue mirate e colonscopia), è necessario che i sintomi si presentino per almeno sei mesi prima di una diagnosi, e per tre volte al mese circa negli ultimi tre mesi. Accanto ai sintomi più comuni devono inoltre essere riferiti un miglioramento delle condizioni dopo lo svuotamento intestinale e un cambiamento della frequenza dell’evacuazione.

Qual è la dieta da seguire per migliorare la salute dell’intestino in questi casi

Al di là dei farmaci antispastici, integratori a base di fermenti lattici probiotici e tisane calmanti con finocchio e camomilla, da assumere durante le fasi acute, la terapia da seguire in questa sindrome è soprattutto quella di una sana alimentazione. Un’alimentazione che però deve essere specifica. Innanzitutto vanno eliminati tutti quei cibi che presentano caratteristiche pro-infiammatorie, che cioè facilitano l’infiammazione. La conseguenza diretta di questo approccio è la drastica limitazione di carboidrati semplici, carni rosse e conservate, alcolici, spezie come il pepe, il peperoncino, lo zenzero. Devono poi essere eliminate le bibite gassate o zuccherate e le cotture in frittura. Sulle fibre il discorso è molto personalizzato, in quanto ad alcuni pazienti fanno bene e in altri portano all’aggravamento dei sintomi. In generale molto miglioramento si ha con la dieta FODMAP, la quale prevede l’eliminazione di alcuni cibi per qualche tempo. Esempio di cosa viene eliminato: legumi, latticini, alcune verdure e molti tipi di frutti, alcuni tipi di cereali, tutti i prodotti da forno processati industrialmente. Va detto che questo tipo di regime alimentare va sempre supportato da una valida integrazione di elementi nutritivi, come probiotici, prebiotici e vitamine, e va seguito sotto il controllo di un medico nutrizionista o comunque uno specialista in gastroenterologia.