Sindrome di Pfeiffer: cos’è, come riconoscerla e qual è la cura

Guida completa sulla sindrome di Pfeiffer, conosciuta anche come la malattia degli occhi grandi

La Sindrome di Pfeiffer è una malattia genetica estremamente rara (ne soffre una persona su 100000),   caratterizzata dalla malformazione delle ossa del cranio oltre che delle mani e dei piedi. Ciò è dovuto alla prematura fusione di alcune ossa, in gergo tecnico craniostenosi associata ad una mutazione del gene FGPR (1 o 2). La gravità ed il tipo di mutazione varia in base al tipo di gene.

Questa patologia prende il nome da Rudolf Arthur Pfeiffer che dedicò gran parte della sua vita allo studio delle anomalie che presentavano ben otto individui, di diverse generazioni, facenti parte della stessa famiglia. Malformazioni che avevano ereditato secondo un preciso modello autosomico dominante.

Sintomatologia

A causa della prematura fusione delle ossa, la calotta cranica non è in grado di svilupparsi come dovrebbe. Ciò comporta una fronte massiccia e prominente e ad un significativo distanziamento dei bulbi oculari (in termini tecnici: ipertelorismo). Vi è, oltretutto, la presenza di arti (più precisamente pollici ed alluci) anormalmente deviati e grandi.

In aggiunta, vi è anche una mascella superiore sottosviluppata. Nella maggior parte dei pazienti colpiti da questa malattia si riscontrano anche gravi problemi all’udito ed all’arcata dentale.

Per una corretta diagnosi è necessario sottoporre il neonato ad un’attenta radiologia del cranio, delle dita delle mani e dei piedi oltre che ad un test genetico, ad un esame obiettivo ed un anamnesi.

Cause

La sindrome di Pfeiffer è una malattia genetica e le suddette mutazioni possono essere acquisite in maniera naturale nel corso dello sviluppo embrionale oppure ereditarie, ossia trasmesse dal/dai propri/io genitori.

Inoltre, trattandosi di una malattia autosomica dominante, va precisato che per far si che si manifesti è sufficiente la mutazione di anche solo una copia del gene che la provoca.

Tipologie di Sindrome di Pfeiffer

Nel 1993 il medico Michael Cohen determinò l’esistenza di tre diverse varianti patologiche per la Sindrome di Pfeiffer, pubblicando così una vera e propria classificazione (Tipo I, Tipo II e Tipo III) che di li in avanti venne utilizzata come strumento diagnostico per la valutazione della gravità della condizione del paziente.

Ciò che accomuna un Tipo all’altro è la presenza delle stesse anomalie genetiche, la differenza sta solo nella severità i cui si manifestano nel paziente che ne è affetto.

È importante sottolineare che il:

  • Tipo I: è la forma più lieve in quanto la malformazione di cranio, mani e piedi e abbastanza lieve,
  • Tipo II: è la forma più grave in assoluto di questa patologia, tanto da essere quasi del tutto incompatibile con la vita,
  • Tipo III: si tratta di una forma intermedia in cui la craniostenosi risulta essere molto evidente

Terapia

I trattamenti relativi alla Sindrome di Pfeiffer sono prettamente sintomatici, ovvero mirati a controllarne ed alleviarne i sintomi posticipando così le complicanze. Non esiste infatti ancora una cura in grado di debellare la mutazione genetica responsabile di questa condizione.