Sala operatoria ibrida: cos’è e quali sono le caratteristiche
Quello che stiamo vivendo è un periodo di grande sviluppo tecnologico, che sta portando alla nascita di tantissime soluzioni nuove in ambito sanitario: una delle applicazioni che più sta aiutando la crescita della chirurgia microinvasiva è la sala operatoria ibrida. Diversamente dalle sale operatorie che siamo abituati a vedere comunemente, oggi l’attenzione è focalizzata sulla progettazione di sale operatorie moderne, la sala operatorie ibrida è dotata di dispositivi avanzati di imaging, quali intensificatori di brillanza o scanner per la tomografia computerizzata o per la risonanza magnetica nucleare. Attraverso piccoli endoscopi, i chirurghi riescono ad arrivare nella zona oggetto dell’operazione senza dover operare grossi tagli al paziente, che ne guadagna dunque in termini di minor trauma.
Sala operatoria ibrida: di cosa si tratta
La sala operatoria ibrida facilita di gran lunga sia il lavoro dei clinici, che possono fare diagnosi e trattamenti in un’unica postazione, con una maggiore sicurezza e precisione; sia la risposta del paziente, esposto a traumi di minore entità e ad interventi sensibilmente più brevi. Infine, l’implementazione di una sala operatoria ibrida permette di risparmiare soldi dovuti al minor tempo di degenza del paziente. Il termine “ibrida” si deve all’unione di laboratorio diagnostico e di sala per il cateterismo in un unico ambiente.
Sala operatoria ibrida: per cosa è usata
La sala operatoria ibrida è utilizzata per interventi di cardiochirurgia, chirurgia vascolare e neurochirurgia: il cuore è sempre stato un organo molto difficile da raggiungere con i metodi convenzionali e l’applicazione di tecniche di imaging a supporto della chirurgia microinvasiva è di vitale importanza per la buona riuscita dell’intervento. Alcuni tipi di patologie che richiedono queste tecniche di imaging sono le aritmie cardiache, la riparazione di valvole cardiache disfunzionanti e interventi di rivascolarizzazione ibrida: grazie a queste tecniche, non solo l’operatore si aiuta a posizionare la protesi endovascolare, ma può anche pianificare la procedura in anticipo. In ambito di neurochirurgia, invece, la sala operatoria ibrida può ospitare interventi di fusione spinale o di embolizzazione di aneurismi intracranici.
Altre branche di utilizzo della sala operatoria ibrida riguardano la chirurgia toracica e la chirurgia ortopedica. Il carcinoma polmonare è il tipo di tumore più mortale al mondo: solo nel 2020, il 18% delle morti totali da tumore (quasi 2 milioni di casi in numero assoluto) sono da attribuire al cancro al polmone. Grazie alle tecniche di imaging, è possibile individuare noduli polmonari, anche di piccola dimensione e pure se derivanti da metastasi: il polmone infatti è una sede molto frequente di metastasi. Nell’ambito della chirurgia ortopedica, l’imaging di precisione permette un posizionamento accurato anche in presenza di fratture ossee complesse, come quelle del calcagno o della pelvi, o in caso di fratture spinali traumatiche o chirurgia della scoliosi. L’applicazione delle tecniche di imaging alla chirurgia microinvasiva ha permesso di abbattere i danni dovuti alle lesioni nervose (l’osso è infatti un distretto molto sensibile) e alla revisione chirurgica.
Sala operatoria ibrida in Italia: dove si trova
Ad oggi, sono 17 le sale operatorie ibride installate in Italia. Se ne trovano:
- tre a Milano;
- due a Bologna, Torino e Lecce;
- una a Roma, Genova, Cuneo, Verduno (Cuneo), Cotignola (Ravenna), Baggiovara (Modena), San Giovanni Rotondo (Foggia) e Maddaloni (Caserta).