L’epilessia: cos’è

L’epilessia consiste in una sindrome del sistema nervoso centrale, che causa un disturbo neurologico per il quale si interrompe improvvisamente l’attività delle cellule nervose del cervello, causando il sintomo più tipico dell’epilessia – vale a dire le convulsioni – comportamento insolito, talora svenimenti.

L’epilessia si qualifica proprio per il ripetersi delle crisi epilettiche, le quali sono connesse innanzitutto all’età (le crisi epilettiche nel bambino sono differenti da quelle nell’adulto) e dalla zona del cervello colpita.
A causa del suo insorgere improvviso, la crisi epilettica ha delle forti conseguenze sulla vita sociale della persona che è affetta da epilessia.

Le cause e la diagnosi dell’epilessia

L’epilessia sembra essere connessa ad una lesione cerebrale congenita (cioè già presente al momento della nascita) o acquisita, come dopo i traumi cranici. Però almeno un terzo delle ipotesi di epilessia prescinde da una lesione cerebrale, quindi si manifesta senza che sia presente (o visibile) alcun tipo di lesione congenita o acquista: si parla a riguardo di epilessia congenita.

Il 60% dei casi di epilessia si manifesta per la prima volta in età pediatrica. Per poter diagnosticare l’epilessia è necessario procedere all’elettroencefalogramma, un esame senza conseguenze pericolose o negative per mezzo del quale si registra l’attività elettrica del cervello e si evidenzia quale anomalia si verifica nella funzione dell’attività elettrica del cervello. Grazie a questo sistema è possibile comprendere di che tipo di crisi soffra il paziente, e quale zona del cervello sia alla base della manifestazione della crisi epilettica.
Gli esami radiologici permettono di comprendere che causa abbia l’epilessia e quale sia la natura e la zona dove si colloca l’eventuale lesione del cervello.

La terapia dell’epilessia

Purtroppo ad oggi per l’epilessia non esiste una cura definitiva ma solo una terapia che può contenere i rischi per il paziente e permettergli di avere una vita normale. Bisogna predisporre non solo l’intervento farmacologico ma anche un sostegno psicologico per il soggetto ed i suoi familiari.

Fortunatamente alcune forme di epilessia genetica, e soprattutto quelle che si verificano nei primi anni di vita del paziente, tendono a risolversi in modo spontaneo: ad esempio l’epilessia assenza infantile, che si verifica attorno ai 4-6 anni di vita provocando piccole perdite di coscienza, molto spesso scompare con lo sviluppo e la pubertà.

Oggi i farmaci presenti sul mercato permettono di controllare circa il 70% dei casi di epilessia; ovviamente però la terapia può avere degli effetti collaterali (soprattutto sui pazienti bambini) come ad esempio l’incidenza sull’attenzione e quindi sull’apprendimento. Per questo nel valutare la terapia bisogna prendere in considerazione pro e contro, l’età del paziente, le sue attività, le sue condizioni e scegliere quindi come agire.

Un terzo dei pazienti epilettici è resistente al trattamento farmacologico ma solamente il 10-15% dei pazienti che non rispondono ai farmaci possono essere trattati per mezzo dell’intervento chirurgico. Inoltre è necessario insegnare ai genitori o ai familiari, o comunque a chi vive col paziente, a gestire al meglio l’attacco epilettico intervenendo in caso di crisi conclusiva e di crisi epilettica senza manifestazioni motorie.